Il potere delle parole: il "Decameron" tra filologia e censura
2.12 Per concludere
L’edizione del Decameron purgato curata da Lionardo Salviati offre, come poche altre opere, l’occasione di osservare da vicino un intero secolo di storia. In essa si riflettono la fortuna di Boccaccio, la rifioritura della novella nel Cinquecento, la questione della lingua e le profonde trasformazioni politico-culturali della Controriforma. Il Decameron “rassettato” diventa così lo specchio di un’epoca che può essere compresa davvero solo nel confronto diretto con il libro nella sua dimensione materiale, frutto dell’incontro tra un testo, persone, idee e interessi concreti.
L’operazione di Salviati, dal frontespizio ai paratesti, può sembrare l’antitesi stessa della filologia, quasi il tradimento consapevole della parola. In realtà rappresenta il verso della stessa scienza, impiegata non per ricostruire la verità di un testo ma per produrre un sapere ufficiale da parte di un intellettuale organico alle istituzioni politico-culturali egemoni. Si rivela così, nel suo contrario, l’insostituibile valore conoscitivo della filologia, capace di far emergere i significati che si annidano tra le righe dell’opera e oltrepassano i confini della pagina scritta.

