Il potere delle parole: il "Decameron" tra filologia e censura
3.1 Il Decameron: un mondo con le sue regole
Nel 1348, mentre a Firenze dilagano morte e disperazione a causa della peste, sette giovani donne si ritrovano nella Chiesa di Santa Maria Novella. A queste si uniscono tre giovani uomini. Convinti da Pampinea, la più matura e saggia delle donne, decidono di lasciare tutti la città per recarsi qualche tempo a vivere in campagna. Così, i dieci dell’«onesta brigata» si ritirano sulle colline fiesolane in un palazzo con un giardino meraviglioso.
Si tratteranno qui per due settimane in tutto, dal mercoledì antecedente alla Domenica delle Palme a quello successivo alla Pasqua, e decidono di eleggere ogni giorno una regina o un re cui spetta il compito di amministrare le attività quotidiane del gruppo. Queste comprendono il passeggiare, il cantare, il conversare e ovviamente il novellare, in cui parlando uno solo alla volta «può porgere, dicendo uno, a tutta la compagnia che ascolta diletto» (Prima Giornata, Introduzione, BIBIT).
Inoltre, nell’organizzazione della vita comune emerge un principio fondamentale: la ricerca del piacere dovrà sempre avvenire «onestamente», cioè «senza trapassare in alcuno atto il segno della ragione» – come afferma Pampinea nell’Introduzione alla Prima Giornata. Dunque, di fronte al caos prodotto dall’epidemia, la brigata è impegnata nella costruzione di una civiltà nuova attraverso un percorso fondato sulla collaborazione e il dialogo. Pur aderendo a un comune sistema di regole, i giovani hanno sensibilità diverse e non sono sempre in accordo. Per di più, la brigata ammette nel proprio ordinamento la violazione dello stesso, poiché accorda a Dioneo, il più irriverente dei dieci novellatori, il «privilegio» di novellare senza attenersi al tema di giornata.

