Pietro Bembo e le Prose della volgar lingua
2.2.10 L'edizione
La seconda edizione delle Prose viene stampata a Venezia da Francesco Marcolini nel 1538. È un in-quarto, un formato di dimensioni intermedie tra l’in-folio (in cui era stata stampata la prima edizione dell’opera, nel 1525) e l’in-ottavo, il formato tascabile dei classici latini e volgari di Manuzio.
Sul recto della prima pagina che segue i fogli di guardia si trova il frontespizio. La pratica di riportare su uno dei fogli iniziali del libro dati relativi all’opera e all’edizione si diffonde a partire dal primo Cinquecento (cfr. Baldacchini 2019; Braida 2011), con delle differenze tra un caso e l’altro. Questa edizione delle Prose, per esempio, riporta sul frontespizio titolo e autore, e l’indicazione, riprodotta anche nel colophon, del possesso dei privilegi sull’opera da parte di Marcolini.
Il colophon è collocato subito dopo la fine dell’opera. La sezione del colophon è più strettamente dedicata a informazioni relative al tipografo/editore (qui Francesco Marcolini), all’anno (MDXXXVIII) e al luogo di stampa (Vinegia). Nel colophon di questa edizione delle Prose è, inoltre, attestata la concessione a Marcolini, da parte del papa (in quel momento Paolo III) e della Repubblica di Venezia, dei privilegi sull’opera, secondo i quali nessuno avrebbe potuto riprodurre il testo o venderlo per dieci anni. In realtà, i privilegi spesso non riuscivano a fermare la diffusione di edizioni pirata, come quella del 1540, che riproduce fedelmente il testo dell’edizione Marcolini (Tavoni 1993).
La marca tipografica o editoriale è un’illustrazione, spesso accompagnata da un motto che rappresenta l’attività di editori e tipografi. Può trattarsi di uno stemma, di forme geometriche, delle semplici iniziali dell’editore o stampatore o, come nel caso di Marcolini, di una figura allegorica. La marca proposta rappresenta, infatti, la Verità, raffigurata come una donna dai capelli lunghi, flagellata dalla Menzogna, una donna con la coda di serpente, e afferrata per un braccio dal Tempo, con il motto latino Veritas filia temporis all’interno della cornice ovale. La scena allegorica della Verità salvata dal Tempo è molto diffusa nell’iconografia rinascimentale e assume grande importanza per i tipografi, soprattutto nel Cinquecento (Zappella 1986, pp. 388-89), in cui la libertà di stampa è minacciata dalle trasformazioni culturali e politiche in atto.
Questa carta dell’edizione 1538 delle Prose testimonia sia elementi originali e distintivi della produzione editoriale di Marcolini, sia alcune delle innovazioni introdotte da Aldo Manuzio e da Pietro Bembo, la cui attività in ambito editoriale ha ripercussioni importanti anche nell’introduzione di segni grafici che verranno, in seguito, adottati da altri editori. Sono, inoltre, visibili alcune delle postille presenti sul volume.
- Virgola e punto e virgola non erano usati sistematicamente fino al 1501, quando Aldo Manuzio pubblica l’edizione del Canzoniere di Petrarca curata da Bembo
- I caratteri sulla pagina, impressi attraverso un processo che inizia con l’incisione dei punzoni e arriva all’impressione dei caratteri sulla pagina per mezzo del torchio, sono un tipo di corsivo, il “silvio cancelleresco”, caratteristico di Marcolini (Casali 1953, p. XII).
- Le postille sono le annotazioni manoscritte sul margine destro. Questo esemplare delle Prose è stato postillato da tre mani diverse, ma non ci sono informazioni sul possessore.