Pietro Bembo e le Prose della volgar lingua
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Scheda bibliografica
Prose di monsignor Bembo con privilegi : Delle Prose di M. Pietro Bembo nelle quali si ragiona della volgar lingua scritte al cardinale de Medici che poi è stato creato a sommo pontefice et detto Papa Clemente settimo divise in tre libri. – Edition seconda. – (Impresse in Vinegia : per Francesco Marcolini, nel mese di Luglio del 1538). – CXIII, [1] carte ; 4°. – Segnatura: A-N8 O10. – Marca di Marcolini a carta O10v. – Cornice xilografica a bordo titolo rappresentante un cartellone intrecciato da ramoscelli di quercia e olivo. – Correttione de gli errori a carta O10r. – Copia rivestita con sopraccoperta. – Note manoscritte attribuibili a mani diverse. – IT\ICCU\CNCE\005005.
L'esemplare
Il volume si presenta rivestito da una sovraccoperta. Il recto del frontespizio appare parzialmente danneggiato, mentre sul verso è riportata la variante del titolo dell’opera, insieme alla formulazione di edizione.
La copia è priva di note di possesso o ex libris che consentano di identificare il possessore, ma le postille presenti hanno permesso di distinguere almeno tre mani diverse. L’esemplare ha riportato diversi danni: erosioni da tarlo, macchie, danneggiamenti dovuti a una rifilatura successiva che impediscono, in alcuni casi, di leggere le postille annotate sui margini laterali.
Le cc.IIr – XXIIIIv coincidono con il Primo Libro; le cc.XXVr – LIv con il Libro Secondo; le cc.LIIr – CXIIIIv con il Terzo Libro (per un errore tipografico, le cc. LVr e LVIr riportano l’indicazione “[libro] SECONDO”). Alla c.CXIIIv, subito dopo la conclusione dell’opera, si trovano REGISTRO e colophon, che riporta la notizia della concessione dei privilegi di stampa da parte di Paolo III e della Repubblica di Venezia. Sul recto dell’ultima carta (non numerata) è riportata la CORRETTIONE DE GLI ERRORI, con indicazione di foglio e righe corrispondenti, e, sul verso, la marca editoriale di Marcolini (con il motto Veritas filia temporis). Non sono presenti ulteriori divisioni interne in capitoli, introdotte a partire dalle edizioni novecentesche (Dionisotti 1931).
Per postilla si intende qualsiasi tipo di annotazione a un testo, da una nota puntuale a forme più estese di commento, scritta, solitamente, ai margini delle pagine o in interlinea.
Nel caso di questo esemplare delle Prose, si tratta di postille poco estese ma molto frequenti (127 annotazioni su 113 carte), tutte depositate sui margini laterali del testo, e attribuibili, sulla base di differenze di inchiostro e di ductus, ad almeno tre mani diverse.
*L’analisi delle postille si basa sulla lettura dell’esemplare svolta da Angela Siciliano e Veronica Talone (Un ignoto postillato delle Prose)
Le postille della mano A
Le annotazioni della mano A, parzialmente illeggibili, soprattutto nei primi fogli, a causa dei danni riportati dall’esemplare, sono concentrate nel primo libro dell’opera, da c.IIr a XIXv, e consistono tutte nella trascrizione a margine di termini presenti nel testo e, nella maggior parte dei casi, precedentemente sottolineati.
Le postille della mano B
La mano B, di epoca successiva rispetto alla prima, databile intorno alla metà del XVII secolo, inizia ad annotare da c.XXr (verso la fine del primo libro) e continua il lavoro di postillatura, in modo discontinuo, per tutta l’opera. Rispetto alle postille di A, quelle di B sono più elaborate: oltre ad annotazioni puntuali assimilabili alla tipologia della mano A, si trovano brevi forme di commento e di riflessione sulle affermazioni contenute nel Terzo Libro e sulla loro applicazione, che testimoniano un tentativo di apprendimento delle norme prescritte da Bembo.
Le postille della mano C
L’analisi delle postille ha, poi, permesso di individuare una terza mano, che inizia a intervenire sul testo da c.LXXIIIr fino a c.CIIIr, anche in questo caso in modo discontinuo. Le annotazioni della mano C sono simili, per tipologia, a quelle della mano A: lo scrivente si limita a riportare a margine, a volte sottolineandoli altre no, termini presenti nel testo (soprattutto voci verbali, avverbi e congiunzioni); solo in un caso è testimoniato un intervento diverso, che consiste nell’annotazione, a margine del participio ubidente, del corrispondente verbo declinato all’infinito, ubidire.