Il potere delle parole: il "Decameron" tra filologia e censura

3.7 Ancora sull’Amore: la novella di Alibech (III 10) e la “novella delle papere”

La decima novella della terza giornata del Decameron racconta di Alibech, una giovane pagana di Cartagine che, desiderosa di avvicinarsi a Dio, si ritira nel deserto per vivere da eremita. Qui incontra il monaco Rustico, il quale, per sedare i propri impulsi, le propone un insolito esercizio spirituale: «rimettere il diavolo in Inferno» (III 10, BIBIT), metafora che non ha bisogno di essere spiegata. La vicenda, giocata su ironia e allusione, mette in luce il contrasto tra innocenza e desiderio, trasformando un racconto di devozione in una satira della falsa spiritualità.
 Come si può immaginare, il testo subì tagli pesantissimi. Si vedano le pagine 196 e 197, dove gli asterischi punteggiano il testo al punto da renderlo illeggibile. Infatti, in una postilla, Salviati riferisce al lettore che ha lasciato quei pochi frammenti per solo interesse linguistico: «Si lasciano questi fragmenti per salvare più parole, e più modi di favellare, che si può» (ed. Salviati, p. 197).
Ancora più interessante e in sintonia con le modifiche del Proemio è l’intervento che si trova nel discorso introduttivo di Dioneo alla novella di Alibech, dove leggiamo: 

[…] quantunque Amore i lieti palagi e le morbide camere più volentieri che le povere capanne abiti, non è egli per ciò che alcuna volta esso fra' folti boschi e fra le rigide alpi e nelle diserte spelunche non faccia le sue forze sentire: il perché comprender si può * (ed. Salviati, p. 196).
 

Nel testo originale, la frase si concludeva così: «il perché comprender si può alla sua potenza essere ogni cosa subgetta» (III 10, BIBIT). Proprio la parte più significativa è stata eliminata, attenuando l’idea centrale del Decameron: l’Amore esercita un potere universale, a cui nessuno può sottrarsi, come dimostra anche la cosiddetta “novella delle papere” (Quarta Giornata, Introduzione, BIBIT).
Nelle sue postille all’Introduzione della Quarta Giornata, Salviati prosegue nella stessa direzione: afferma che le parole di Boccaccio vanno intese ironicamente e raccomanda di interpretare l’amore «secondo che lo piglia il Petrarca: e così non imparerà mal costume» (ed. Salviati, p. 206).

Questa pagina diventa così una testimonianza eloquente della diversa ricezione di Boccaccio e Petrarca nella cultura ufficiale del XVI secolo.