Il potere delle parole: il "Decameron" tra filologia e censura
2.8 La novella di Massèt giudeo (III 1)
Un caso significativo di riscrittura da parte di Salviati è la prima novella delle Terza giornata, la cui rubrica è alterata in modo programmatico. L’originale boccacciano recita:
Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano d'un monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui (III 1, BIBIT).
Nella versione di Salviati il monastero si trasforma in un «serraglio», vale a dire un harem. Di conseguenza, anche i personaggi protagonisti della novella, e responsabili delle immoralità praticate, vengono alterati in modo coerente.
L’incipit è di per sé esplicativo e merita di essere letto nella sua interezza [la trascrizione è interpretativa]:
Appresso ad Alessandria fu già una grandissima e bella torre, nella quale il Signor della contrada, a cui dicevano l’Ammiraglio, sotto la cura d’una sua donna molte pulzelle soleva tener racchiuse. Del numero delle quali al Soldano di Babilonia, a cui egli era suggetto, ogni tre anni una volta, tre ne mandava per tributo. Nel qual serraglio, non ha gran tempo, non essendovi allora più che otto donzelle con una lor madonna, e tutte giovani, era un buon homicciuolo d’un loro bellissimo giardino ortolano: il quale, non contentandosi del salario, fatta la ragion sua col castaldo delle donne, a Nicopoli, là ond’egli era, se ne tornò. Quivi, tra gli altri, che lietamente il raccolsono, fu un giovane ebreo lavoratore, forte e robusto e secondo huom di villa con bella persona, il cui nome era Massèt: ma percioché a Lamporecchio, non guari di qui lontano, era nato, et i primi anni dimoratovi della sua giovinezza: il nome di Massèt, secondando l’uso della contrada, s’era rivolto in Masetto, e per Masetto da Lamporecchio era conosciuto da tutti. Masetto, adunque, domandò il buono huomo dove tanto tempo stato fosse. Il buono huomo, che Lurco havea nome, gliele disse (ed. Salviati, p. 138).
Interpretando a pieno il sentimento di scontro storico e culturale in atto tra Occidente e Oriente nella seconda metà del Cinquecento, Salviati sposta le coordinate geografiche della novella dal mondo cristiano della campagna fiorentina - l’originale boccacciano recita «queste nostre contrade» - nel mondo islamico mediterraneo. Quanto non è tollerabile per delle monache o per un giovane cristiano, lo è per personaggi appartenenti a religioni diverse dal cattolicesimo.
Così, il «serraglio» che sostituisce il monastero è collocato ad Alessandria e le suore diventano delle laiche «pulzelle» che devono conservare la propria verginità. Infatti, ogni tre anni l’«ammiraglio» che governa l’harem dovrà inviare tre fanciulle al Soldano di Babilonia, la fedeltà verso il quale si sostituisce alla fede in Dio. In modo simile, al giovane che si finge «mutolo» sono attribuite origini ebraiche, benché egli abbia vissuto i suoi primi anni di vita in Toscana: dunque, Masetto non è la forma ipocoristica di Tommaso, ma l’adattamento per epitesi del nome Massèt alle regole fonetiche del volgare toscano. Salviati decide di mutare persino il nome del precedente ortolano, non più «Nuto», come si legge in tutte le edizioni critiche moderne, ma «Lurco», nome parlante che allude a una smodata voracità – cfr. TLIO: ‘lurco’ agg./s.m. – e che nella Commedia dantesca era associato ai popoli tedeschi: potrebbe dunque trattarsi di un’allusione ai riformisti protestanti.
La riscrittura di Salviati permette di conservare buona parte del testo di Boccaccio, che dal punto di vista dei meccanismi narrativa continua a funzionare in modo impeccabile, malgrado in alcuni passaggi il comico sia inevitabilmente compromesso.
Ad esempio, quando nella novella originale le prime due suore del monastero discutono se assecondare i propri «concupiscibili appetiti», una di loro obietta: «non sai tu che noi abbiamo promessa la verginità nostra a Dio?». E l’altra monaca risponde impudente: «quante cose gli si promettono tutto il dì, che non se ne gli attiene niuna! se noi gliele abbiam promessa, truovisi un'altra o dell'altre che gliele attengano» (III 1, BIBIT). Invece, nell’edizione di Salviati, la riflessione delle pulzelle dell’harem appare legittima e il dialogo perde la propria carica irriverente: «Non sai tu che la virginità nostra è stata promessa al Soldano?». E l’altra di risposta: «quante cose gli si promettono tutto il dì, che non se ne gli attiene niuna, s’ella gli è stata promessa, truovisi un’altra o dell’altre che gliele attengano».
