Giacomo Leopardi e il progetto delle "Opere"
3.4. Il percorso della poesia
I Canti si aprono con nove canzoni. Le prime tre, All’Italia, Sopra il Monumento di Dante, Ad Angelo Mai, sono le canzoni patriottiche, nelle quali Leopardi lamenta la condizione di servitù politica dell’Italia e con tono eroico afferma:
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo
Combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl’italici petti il sangue mio.
Un amore per la patria che infiamma gli uomini di metà Ottocento, ne dà notizia lo stesso Carducci: «– Con Manzoni in chiesa – dicevano gl’Italiani, ed aggiungevano: – con Leopardi alla guerra».
Se il primo blocco dei Canti era caratterizzato da uno spiccato senso civile e politico, col progredire del libro (soprattutto nella sezione delle Canzoni) si compie quello che è stato definito “romanzo ideologico” (Blasucci 1996): è qui che Leopardi mette in versi la progressiva perdita di fiducia in un possibile momento di felicità per il genere umano. Dalla canzone Ad Angelo Mai, in cui il divario tra antichi e moderni rende ancora possibile immaginare un passato di felicità, approda a esplorare, con la coppia Bruto minore-Ultimo Canto di Saffo e Alla primavera, o delle favole antiche, un passato storico e mitico per arrivare a ‘scoprire’ che, come il poeta fa dire a Saffo, «nascemmo al pianto» (v. 48).
Sul tavolo di Leopardi, però, negli stessi anni, insieme al cantiere delle Canzoni conviveva quello degli Idilli. I protagonisti, che nelle canzoni erano molteplici, ora si riducono molto. Gli idilli sono infatti, secondo una definizione di Leopardi, «Situazioni, affezioni, avventure storiche del mio animo». Tale definizione ci presenta un soggetto moderno, sensibile e disincantato, mette a fuoco alcune «gratificazioni interiori, che con la loro intermittenza tendono a rompere la continuità desolata della sua condizione» (Blasucci 2014, p. 26). Alla luna ne dà un chiaro saggio:
Lo stato angoscioso del soggetto introduce un’«avventura storica», il piacere connesso alla “ricordanza”: «E pur mi giova | La ricordanza, e il noverar l’etate | Del mio dolore».
Il blocco di componimenti di cui abbiamo detto finora afferisce alla stagione poetica tra il 1818 e il 1823. Con l’eccezione di una sola poesia (Al conte Carlo Pepoli) nei cinque anni successivi Leopardi si dedicherà agli studi filologici e alla composizione delle Operette morali. È proprio nell’unica poesia che scrive durante il silenzio poetico, che nel 1826 portava nel titolo la definizione di “Epistola”, che dichiara l’intenzione di lasciare e i versi e di dedicarsi a «studi men dolci»
La nuova stagione della poesia si inaugura nel 1828 con una poesia eloquentemente intitolata Il risorgimento, prima di una serie definita come “canti pisano-recanatesi”. La poesia di questa sezione cambia forma, le strofe si fanno di una lunghezza variabile, endecasillabi e settenari si alternano liberamente: è la canzone libera leopardiana, che Leopardi utilizzerà per tutte le poesie successive.




