Pietro Bembo e le Prose della volgar lingua

2.2.6 Dal latino al volgare: il sistema nominale

Con il Terzo Libro delle Prose, Bembo propone un modello linguistico ben definito – seguendolo in prima persona nella stesura dell’opera, la cui lingua è modellata soprattutto su quella di Boccaccio – e ne delinea le regole, per superare definitivamente il predominio della lingua latina nella scrittura e arrivare a una situazione uniforme dal punto di vista linguistico ed editoriale. Tuttavia, la grammatica volgare formalizzata da Bembo è ancora vicina alla latina, senza conoscere le basi della quale non si comprenderebbero né alcuni dei termini tecnici utilizzati dall’autore nel corso dell’opera, né certi punti della trattazione.
 

Un primo ordine di riflessioni riguarda il sistema nominale. Con il passaggio dal latino al volgare, si assiste a un cambiamento importante nella classificazione del genere dei sostantivi che, da tripartito (maschile, femminile, neutro), passa a bipartito (maschile, femminile). Ai sostantivi arrivati in volgare dalle declinazioni del neutro latino, Bembo dedica spazio in 3 VI, illustrandone schematicamente, sempre attraverso esempi letterari, l’accoglienza nei due generi rimanenti:
 

Le voci poi, che sono del Neutro nel Latino, et io dissi nel volgare non haver proprio luogo; l’articolo et il fine di quelle del maschio servano nel numero del meno. In quello del più, usano con l’articolo della femina un proprio et particolare loro fine; che è in A. sempre, et altramente non giamai. Con la qual regola si vede che parlò il Bocc., quando e’ disse, Messo il capo per la bocca del doglio, che molto grande non era, et oltre a quello l’uno delle braccia con tutta la spalla: et non disse l’una delle braccia, o altramente (Prose 3 VI, c.LVIr).